La domanda è stata al centro di un annoso dibattito. La questione centrale verteva sul seguente quesito: «Se investo in una polizza vita ad alto contenuto finanziario (dove la protezione caso morte è residuale), conservo i benefici del prodotto assicurativo? Come ad esempio “impignorabilità e insequestrabilità”, il fatto di non rientrare nell’asse ereditario; quello di non essere soggetto alle imposte di successione e ancora quello di compensare facilmente minusvalenze e plusvalenze».
Negli ultimi anni la Corte di Cassazione aveva “condannato” le polizze ad alto contenuto finanziario, sostenendo che non potessero essere considerate “polizze vita” con tutti i vantaggi collegati, ma strumenti a contenuto finanziario. Cioè investimenti speculativi travestiti da polizze e quindi non meritevoli di tanta tutela.
Oggi la polizza vita, seduta per troppo tempo al banco degli imputati, è stata definitivamente assolta con formula piena. Quindi, investire il proprio capitale in un prodotto assicurativo vita consente di mantenere da un lato tutta una serie di benefici fiscali e civilistici e dall’altro di poter cogliere le opportunità che i mercati finanziari offrono.
Un po’ di cronistoria:
2012 La sentenza della Cassazione n. 6061 stabiliva che le polizze unit avessero natura assicurativa solo in caso di garanzia del capitale. Senza quest’ultima, sarebbero rientrate tra gli strumenti di tipo finanziario.
2018 Gli Ermellini, con la sentenza n. 10333, evidenziavano che in assenza della garanzia della restituzione del capitale a scadenza, lo strumento si sarebbe dovuto inquadrare come finanziario e non come assicurativo.
2018 Corte di Giustizia Ue con sentenza 31/5/2018 nella causa C- 542/16, sosteneva che per essere considerato prodotto assicurativo, uno strumento di risparmio e di investimento avrebbe dovuto contemplare due elementi: il pagamento di un premio da parte del contraente e la prestazione da parte dell’assicuratore, a fronte di un evento dedotto in polizza.
2018 Il Tribunale di Brescia sottolineava che un contratto poteva essere inquadrato come assicurazione sulla vita, anche se non era garantita totalmente o parzialmente la restituzione del capitale. In secondo luogo non era neppure richiesto il trasferimento del rischio dal contraente e/o assicurato all’assicuratore.
2019 La Corte di Cassazione con sentenza n. 6319 mette fine alla questione. Secondo la Suprema Corte le polizze unit linked sono costituite da prestazioni di natura finanziaria ed assicurativa sulla vita. Anche nel caso in cui vi fosse una componente finanziaria maggiore rispetto a quella legata al rischio demografico, il contratto andrebbe considerato come assicurazione sulla vita e non come prodotto finanziario.
Se le pronunce nel corso del tempo sono state un po’ ondivaghe, va detto che almeno le norme ( Regolamento UE 1286/2014; la Direttiva UE 2016/97 ; il D. lgs. 224/2016; il D. lgs. n. 68/2018) sono state più chiare.
Il dettato normativo definisce cos’è un “prodotto di investimento assicurativo” . L’ IBIP (insurance based investment products) viene definito come “un prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato”. La nuova definizione di “prodotto di investimento assicurativo” comprende anche le polizze di ramo I rivalutabili e le polizze multiramo (I e III).
Le polizze vita sono tali anche quando l’assicuratore non garantisce il capitale. Mantengono la propria dignità indipendentemente che ci siano o meno dei meccanismi di garanzia o protezione del capitale. Sono polizze assicurative sia che investano in gestioni separate che in OICR. Possono prevedere che la prestazione venga erogata al contraente quando è in vita o ai beneficiari, quando l’assicurato viene a mancare.
Nonostante tutte le declinazioni possibili, mantengono lo status e quindi i vantaggi propri della polizza vita.